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EunGyo (Far East Film Festival 2013)

Quanto si sente solo l'uomo di oggi? Cerca di rispondere a questo interrogativo il regista coreano Jung Ji-woo con il film EunGyo, presentato in anteprima europea al Far Est Film Festival 15. I protagonisti sono tre, un uomo anziano, un giovane rampante e un'adolescente affascinante. Il malessere, però, è uno solo e comune

Lee Jeok-yo è un illustre poeta e letterato, ormai al tramonto della sua vita. Vive in campagna, da solo. Lo va a trovare solo un suo giovane ex studente, Seo Ji-woo, ora scrittore di successo che lo accudisce e gli tiene compagnia. Improvvisamente nella casa dell'anziano uomo irrompe una giovane adolescente di 17 anni, EunGyo, che colpisce il cuore del letterato tanto da portarla in casa come cameriera. Tra i due si instaura una profonda relazione, molto strana soprattutto agli occhi del giovane discepolo che si ingelosisce. La situazione, così, si complica. Gelosie, ripicche, affronti e scomode verità vengono a galla, manifestando una triste realtà.
La realtà che mostra il film EunGyo di Jung Ji-woo è semplice: i tre protagonisti sono persone sole. Cercano il reciproco contatto attraverso una finta cortesia, una disponibilità servile e una strana volontà di non lasciarsi andare.
Il vecchio poeta, interpretato da un camuffato Park Hae-il, non sa come comportarsi nei confronti dei due giovani. Appare freddo e rigoroso. In particolare verso la ragazza non riesce a esprimersi genuinamente, con comportamenti e dialoghi naturali. L'anziano uomo non ha il coraggio di dirle quanto bene sta apportando al suo animo, l'iniezione di vita che lo fa sentire nuovamente vitale, perché probabilmente ha paura di allontanarla. Si affida, quindi, alla parola, alla narrazione, senza però mai rendere partecipe del suo componimento la ragazza. Quando lei scopre il manoscritto, intercettato e utilizzato da Seo Ji-woo come propria pubblicazione, è davvero troppo tardi.
I due giovani, interpretati da Kim Go-eun e Kim Mu-yeol, inoltre, hanno rispettosamente atteggiamenti ipocriti, dettati solo dalla volontà di apparire agli occhi del vecchio scrittore. Lo comprano con finte attenzione, regali, servitù false e così lui li allontana dalla sua vita.
Eungyo, dunque, è spietato nella sua sentenza contro l'uomo.
Questo giudizio, però, emerge con qualche difficoltà. A volte il regista si dimentica dello scopo del film per concentrasi su leziosità stilistiche, come la ricerca dell'inquadratura più suggestiva, la ripresa del particolare, il soffermarsi su parole e dialoghi che abbassano la tensione narrativa. Quando poi Jung Ji-woo ritorna alle azioni e ai sentimenti dei protagonisti, si concede effetti narrativi e stilistici troppo ridondanti e spettacolari. Quando, infatti, Lee Jeok-jo spia l'amplesso tra i due giovani, dettato dalla reciproca voglia di contatto umano, ma descritto con un voyerismo troppo calcato, la sua vendetta ricade in maniera scontata e banale. Così facendo crea una discrepanza tra la delicatezza narrativa di alcune scene e un finale alquanto prevedibile.

Nonostante, quindi, qualche sbandamento, EunGyo riesce a proporre una storia non originale in modo coinvolgente e introspettiva, indagando attraverso sguardi, azioni e una scena curata in maniera maniacale la solitudine dei tre protagonisti.

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Quanto si sente solo l'uomo di oggi? Cerca di rispondere a questo interrogativo il regista coreano Jung Ji-woo con il film Eungyo presentato in anteprima europea al Far Est Film Festival 15. I protagonisti sono tre, un uomo anziano, un giovane rampante e un'adolescente affascinante. Il malessere, però, è uno solo e comune.

 

Lee Jeok-yo è un illustre poeta e letterato, ormai al tramonto della sua vita. Vive in campagna, da solo. Lo va a trovare solo un suo giovane ex studente, Seo Ji-woo, ora scrittore di successo che lo accudisce e gli tiene compagnia. Improvvisamente nella casa dell'anziano uomo irrompe una giovane adolescente di 17 anni, Eungyo che colpisce il cuore del letterato tanto da portarla in casa come cameriera. Tra i due si instaura una profonda relazione, molto strana soprattutto agli occhi del giovane discepolo che si ingelosisce. La situazione, così, si complica. Gelosie, ripicche, affronti e scomode verità vengono a galla, manifestando una triste realtà.

 

La realtà che manifesta il film Eungyo di Jung Ji-woo è semplice: i tre protagonisti sono persone sole. Cercano il reciproco contatto attraverso una finta cortesia, una disponibilità servile e una strana volontà di non lasciarsi andare.

Il vecchio poeta, interpretato da un camuffato Park Hae-il, non sa come comportarsi nei confronti dei due giovani. Appare freddo e rigoroso. In particolare verso la ragazza non riesce a esprimersi genuinamente, con comportamenti e dialoghi naturali. L'anziano uomo non ha il coraggio di dirle quanto bene sta apportando al suo animo, l'iniezione di vita che lo fa sentire nuovamente vitale, perché probabilmente ha paura di allontanarla. Si affida, quindi,  alla parola, alla narrazione, senza però mai rendere partecipe del suo componimento la ragazza. Quando lei scopre il manoscritto,intercettao e utilizzato da Seo Ji-woo come propria pubblicazione, è davvero troppo tardi.

I due giovani, interpetati da Kim Go-eun e Kim Mu-yeol, inoltre, hanno rispettosamente atteggiamenti ipocriti, dettati solo dalla volontà di apparire agli occhi del vecchio scrittore. Lo comprano con finte attenzione, regali, servitù false e  così lui li allontana dalla sua vita.

Eungyo, dunque, è spietato nella sua sentenza contro l'uomo.

Questo giudizio, però, emerge con qualche difficoltà. A volte il regista si dimentica delllo scopo del film per concentrasi su leziosità stilistiche, come la ricerca dell'inquadratura più suggestiva, la ripresa del particolare, il soffermarsi su parole e dialoghi che abbassano la tensione narrativa. Quando poi Jung Ji-woo ritorna alle azioni e ai sentimenti dei protagonisti, si concede effetti narrativi e stilistici troppo ridondanti e spettacolari. Quando, infatti, Lee Jeok-jo spia l'amplesso tra i due giovani, dettato dalla reciproca voglia di contatto umano, ma descritto con un voyerismo troppo calcato, la sua vendetta ricade in maniera scontata e banale. Così facendo crea una discrepanza tra la delicatezza narrativa di alcune scene e un finale alquanto prevedibile.

Nonostante, quindi, qualche sbandamento, Eungyo riesce a proporre uno storia non originale in modo coinvolgente e intropsettiva, indagando attraverso sguardi, azioni e una scena curata in maniera maniacale la solitudine dei tre protanogisti.

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