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Judge Archer (Festival di Roma 2012 - CinemaXXI)

Proseguendo sulla falsariga intrapresa con The Sword Identity, Xu Haofeng guarda alle arti marziali con una prospettiva filosofica in cui l'azione latita

Scritto e diretto da Xu Haofeng, qui alla sua opera seconda dopo The Sword Identity, sceneggiatore di Wong Kar Wai nell'attesissimo The Grandmasters, Judge Archer è stato relegato nella sezione collaterale CinemaXXI del Festival del Film di Roma 2012, seguendo un criterio che, vista la qualità dei lavori in Concorso, appare ancora più incomprensibile.
Xu Haofeng
, ancor prima di essere sceneggiatore e regista, è studioso di taoismo e di filosofia nonché scrittore di numerose novelle di arti marziali, impostazione culturale che nel film, come era anche nella sua opera prima, è chiarissima: Judge Archer è ben lungi dall'essere un film d'azione in senso classico, semmai rimanda lontanamente a certe atmosfere di Ashes of Time (chissà il connubio tra Xu e Wong dove porterà…), aspetto da non trascurare, soprattutto per chi si aspetta combattimenti, salti, spadaccini invincibili e tecniche di gong-fu.
E' la storia, ambientata nei primi Anni Venti del Novecento, in piena epoca dei Signori della guerra, di Liu Baiyuan, divenuto quasi per uno scherzo del destino giudice arciere, il cui compito precipuo è quello di risolvere le dispute tra le varie scuole di arti marziali; il ruolo sembra essere troppo grande per l'uomo, combattuto tra la disperazione per la sorella oltraggiata e l'amore per una misteriosa e ambigua donna, con sullo sfondo odi e sottili trame. Essere imparziale e libero da condizionamenti si rivela per Liu Baiyuan impresa quasi impossibile, proprio per la commistione tra sentimenti e regole.
Narrato con ritmi blandi, riflessivi, spesso adagiando il racconto su uno scorrere lentissimo del tempo, rotto solo da improvvise e quasi sincopate scene d'azione di brevissima durata, Judge Archer mostra, come detto, in pieno la sua idea di fondo: guardare al mondo delle arti marziali con occhio 'filosofico' e introspettivo, risultando di fatto come un nuovo punto di vista narrativo che a molti potrà fare storcere la bocca, ma che nel suo complesso è ricco di originalità. Proprio il suo procedere piatto è al contempo il lato che meno convince del film, pur senza scalfirne la forza innovativa.

Xu Haofeng
comunque dimostra, alla sua seconda prova, di avere buona stoffa da regista, oltre che il coraggio di affrontare un genere così ormai ben consolidato e riconoscibile, sotto una diversa angolatura. Vanno smussati ancora alcuni angoli, ma quanto di buono fece vedere con The Sword Identity, in Judge Archer viene confermato. Ora ad attendere Xu c'è la prova del nove che tutti aspettiamo da mesi ormai con l'acquolina in bocca: vedere i risultati della collaborazione con Wong Kar Wai.

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