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The Weight (Venezia 69 - Giornate degli Autori)

Una immagine di The WeightIl corpo vissuto come peso che inibisce il vivere è l'idea che ha reso possibile la realizzazione della vera grande sorpresa proiettata alla 69ma Mostra del Cinema di Venezia. Vincitore del Queer Lion Award come miglior film con tematiche omosessuali

Il corpo è la zavorra che rallenta il viaggio psicologico verso la realizzazione personale, è un freno a mano sempre tirato sul divenire. Questo il concetto portante di un film tragico, spietato e romantico fatto di persone in bilico tra il volersene liberare e l'accettarne l'inadeguatezza ed accontentarsi. Una pellicola di rassegnazione fatta di estremi visivi, emotivi ed umani disturbanti e commoventi
Il regista Jeon Kyu-hwan, tramite i suoi personaggi, si sofferma su questo equilibrio facendo grondare sangue dal rasoio e si domanda quale sia la strada maestra da seguire. Considerando che la vita di chiunque si svolge soprattutto in spazi mentali, nel caso di un corpo che continua a remare contro, cosa preferire? Il compromesso? Estraniarsi? L'alienazione? Rinunciare e trascinarsi avanti? O il tagliare tutti i fili in un colpo solo?
L'amore di due fratellastri, che non si potrà che compiere bruciando nelle fiamme del dolore. L'odio, la solitudine e la fragilità di una vita deturpata da un fisico deforme. La rassegnazione che sfocia in arte, una gobba che è letteralmente il peso non metaforico delle classi sociali più basse, la solitudine che si esaurisce nella perversione e l'intolleranza che costringe all'autolesionismo. Scene visionarie, il clima freddo dell'obitorio, la carica sessuale che non molla mai nessuno, la pittura, la musica classica e la luce riflessa dei neon. Scene culto come i balletti dei gobbi, scene che fanno venire il magone, come nel tragico finale e scene edificanti e divertenti come lo sguardo benevolo del gentilissimo imbalsamatore.
Un gran film, scambiato per violento, trash e di cattivo gusto che invece sfrutta quegli strumenti per mandare in tilt il pubblico occasionale e mandare in visibilio lo spettatore esperto.
Peccato per quegli ultimi due minuti finali - quelle maledette farfalle multicolore - che da soli riescono quasi a rovinare quanto di buono creato a livello emotivo fino a quel momento. Fosse finito un attimo prima sarebbe stato promosso col massimo dei voti.

Vite senza speranza, un film senza risposte, che conferma che la vita è l'inferno e la morte un atto d'amore verso una vita migliore che, visto da fuori, è anche peggio. Consigliato!

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