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Porco Rosso

La locandina di Porco RossoAvventure ad alta quota con Porco Rosso, un prode pilota di idrovolanti con le sembianze di un maiale, nemico numero uno dei Pirati del Cielo, goffi banditi che seminano il terrore nel Mare Adriatico. A dodici anni dall’uscita in Giappone fa il suo esordio nei cinema italiani uno dei film più amati di Hayao Miyazaki
Nell’Italia sotto il giogo del fascismo Marco Pagot è un ex-pilota dell’aeronautica militare che vive come un eremita su un’isoletta nel Mare Adriatico. Da quando ha lasciato l’esercito sbarca il lunario facendo il cacciatore di taglie per difendere, dietro lauto compenso, le imbarcazioni dagli assalti dei banditi. Tutti lo chiamano Porco Rosso, un nomignolo che gli è stato affibbiato dopo che un misterioso incantesimo lo ha trasformato in un maiale antropomorfo. A bordo del suo idrovolante vermiglio dà la caccia ai Pirati del Cielo, i suoi acerrimi nemici, goffi furfanti che attaccano le navi in mare aperto con lo scopo di derubare i passeggeri. Per salvaguardare le loro attività illecite, i Pirati del Cielo decidono di ingaggiare Curtis, un asso dell’aviazione di origini statunitensi, cui viene affidato il compito di eliminare Porco Rosso. Tra i due aviatori si scatena così un'accesa rivalità che li porta a battersi senza esclusioni di colpi.

È un vero e proprio gioiellino, quello che arriva nelle sale italiane a diciotto anni dalla sua uscita nei cinema giapponesi. Meglio tardi che mai: benché sia disponibile in DVD in mezzo mondo già da diversi anni, Porco Rosso, favola ricca di avventura, romantica ed elementare, parabola e lezione di vita di limpida chiarezza, con momenti di commovente poesia, valeva un tuffo visivo su grande schermo.
Non era facile conciliare la levità dell’animazione con un racconto che scruta i profondi abissi interiori di un personaggio con molti lati oscuri che ingaggia spettacolari duelli aerei contro briganti avidi di denaro. Ma il film, come molti altri lavori del suo autore, il grande Hayao Miyazaki, capofila della casa di produzione Studio Ghibli, specializzata nella realizzazione di anime, crea un mondo di solida tenuta metaforica ed insieme di rara perfezione formale grazie ad un’intelligenza vibrante ed a un’inventiva continua. Se la prima parte del film è lirismo assoluto, la seconda vira un po’ di più sul convenzionale. In ogni caso il divertimento è assicurato: resta la straordinaria sapienza produttiva dello Studio Ghibli e di Miyazaki (qui al suo terzo lungometraggio dopo il successo ottenuto prima con Nausicaa nella valle del vento e poi con Kiki’s Delivery Service) che con Porco Rosso – transitato alla quinta edizione del Festival del Film di Roma nell’ambito di un focus sul cinema giapponese – hanno portato ai massimi livelli l’evoluzione del disegno animato tradizionale (basti notare la straordinaria cura nel restituire Una scena del filmuna qualità quasi cinematografica agli sfondi degli spazi aerei e terrestri), con una tecnica molto semplice, ma con un senso dell’azione che sa progredire in modo avvincente regalando trepide emozioni.
Il piccolo universo ritratto da Miyazaki ha ben poco a che fare con l’animazione contemporanea per l’essenzialità del tocco con cui i contenuti prendono vita. Il regista nipponico si conferma un osservatore partecipe di un’umanità in crisi. Vietato aspettarsi un cartoon edificante: pur essendo costruito attorno alla ricerca della felicità in una società in cui le pulsioni liberticide (il regime fascista) pongono un freno alle azioni dell’uomo (vedi la figura di Porco Rosso, un disilluso che non è riuscito a realizzarsi pienamente, soprattutto in ambito sentimentale), il film è in realtà bagnato in un pessimismo trattenuto, su cui neppure il finale di speranza tenta di ingannarci. Una chicca per gli amanti del genere.

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